Le più antiche vicende della terra di Malonno, posta a cavallo della media e alta Valle Camonica, sono
contemporanee ad altri insediamenti preistorici nella lunga valle percorsa dal fiume Oglio. Quasi certamente
furono dei piccoli gruppi di cacciatori stagionali i primi esseri umani a stabilirsi in età neolitica (5000 a.C.) in
questi siti. I nostri progenitori erano appartenenti a quei gruppi di umani aventi progenitori nel diffuso ceppo del
popolo dei Liguri che si erano insediati in gran parte dell'Italia e delle regioni alpine. Questi intrepidi predatori,
inseguendo gli ungulati ed altra cacciagione che si erano rifugiati nelle anguste vallate alpine, risalendo il corso
del fiume, costeggiando le dorsali e le creste dei monti, sui piccoli ma numerosi altopiani che si aprivano sulle
pendici delle montagne, trovarono dei luoghi ideali per insediarsi e creare piccole comunità che furono i primi
nuclei di residenti stabili. I cacciatori, adottando alcuni antichi e primitivi metodi di coltivazione di frutta e
verdure, si trasformarono lentamente in agricoltori, curando gli animali domestici divennero allevatori di bestiame
e crearono rifugi stabili e più protettivi. Vennero così fondati dei villaggi, poi destinati a trasformarsi nelle
numerose piccole frazioni presenti su questo territorio. Molti di questi minuscoli agglomerati di edifici rurali e di
ricovero avevano già una loro presenza in epoca preistorica e pre-romana. Solitamente si trattava di qualche
casupola stretta attorno ad una polla o a sorgenti d'acqua o su spiazzi erbosi, molte volte arroccate dentro a dei
piccoli castellieri circondati da recinti costituiti da muretti a secco o fascine intrecciate. In questa ampia zona, che
risalendo da sud a nord, è posta subito dopo uno stretto angolo compiuto dal solco dell'Oglio imbrigliato tra le
scoscese e ripide pareti rocciose che rendevano necessario portarsi a quote elevate per "saltare" queste strettoie
naturali, sono stati rilevati, su dei dossi o in posizioni elevate, dei siti certamente adibiti a luoghi di culto degli
antichi Camuni che proponevano la loro profonda e naturale spiritualità, congiunzione con la natura e la vita
riverendo molti dei e divinità derivati anche dalla religiosità dei Liguri e dei Celti. In questi "templi naturali" sono
state ritrovate delle pietre lavorate e incise, dei menhir e molte raffigurazioni rupestri. I vari primitivi insediamenti
abitativi in questa zona, formati solitamente da piccole e semplici capanne, erano sempre posizionati in quota o "a
mezza costa", sulle pendici delle montagne e non nella pianura alluvionale posta sulle sponde dell'Oglio, segno
evidente (rilevabile anche da numerosi nomi di località malonnesi) che lungo il corso di questo fiume, e dei suoi
piccoli affluenti, vi erano acquitrini insalubri e insicure paludi non abitabili o coltivabili. Anche oggigiorno si nota
chiaramente come la disposizione delle varie frazioni che compongono il vasto comune di Malonno siano poste a
quote elevate e in siti dominanti la vallata e solo molto più tardi, vennero creati insediamenti abitativi sul
fondovalle. Il primo nucleo abitato sorse probabilmente dove ora insite in bel borgo di Lava, che rimase per secoli,
fino al 1500, il centro religioso più importante della zona. E' accertato il passaggio in questa zona, in epoca
pre-romana, come in altre grandi valli alpine, di commercianti Etruschi che avrebbero portato le loro primitive ma
semplici tecniche della lavorazione dei metalli. A quel periodo si fanno risalire, nell'alta valle, le prime operazioni
non casuali di estrazione di materiale ferroso: il suo processo produttivo, pur subendo modifiche e aggiornamenti
si protrarrà per secoli e secoli e resterà una fonte importante di sostentamento e di lavoro. Ad attestare la presenza
romana in alta valle, iniziata con l'occupazione militare dopo la guerra Retica del 16 d.C., sono i resti di un
acquedotto e la costruzione della via Valeriana che, ricalcando in parte tracciati di sentieri precedenti,
percorrendo tutta la Valle Camonica, fungeva da essenziale collante nella lunga e ancora semi selvaggia vallata.
La grande strada, come tutte le vie romane era originariamente di prevalente interesse militare ma, dopo la fine
delle ostilità e l'assorbimento indolore del popolo dei Camuni nella civiltà romana, divenne una arteria importante
specialmente per gli scambi commerciali anche con la Val Tellina e il centro Europa. Il crollo dell'Impero Romano
ripiombò la valle in un parziale isolamento che si concretizzò anche con il quasi totale abbandono del sistema di
comunicazioni che si era andato ad affermare: strade, ponti, locande, torri di sorveglianza, case di posta furono
adibiti ad altri compiti o abbandonati. Ogni piccola comunità, ogni villaggio tornarono a chiudersi su se stessi e i
contatti ridivennero abbastanza sporadici e soprattutto aleatori e insicuri. Solo intorno alle chiese od agli ospizi si
strinsero e continuarono ad esistere degli agglomerati di case rurali o capanne che formavano i piccoli e isolati
insediamenti abitativi di quel lungo periodo che trascorse tra l'epoca romana e la dominazione Longobarda prima
(fino al 774) e dei Franchi di Carlo Magno poi. Fu lo stesso Imperatore del Sacro Romano Impero che infeudò di
vasti possedimenti, benefici e proprietà, in tutta la Valle Camonica, i ricchi e potenti monasteri francesi di Cluny e
di Tour che oltre alla edificazione di numerose chiese intrapresero anche vasti lavori di bonifica delle zone
paludose rendendole coltivabili e abitabili. Dopo l'anno mille il Vescovo di Brescia subentrò, mediante scambi
territoriali, infeudamenti e acquisizioni, in vaste proprietà in terra camuna, ricevette i vari benefici e privilegi col
titolo di Duca di Valle Camonica, nel 1193, a sua volta investì di un vasto feudo un ramo della famiglia Dòmini di
Vione: i Magnoni, che furono dunque la parte guelfa della nobiltà locale. I ghibellini (seguaci invece dell'impero)
erano guidati dai Federici che, ricevendo vaste investiture dallo stesso Imperatore Federico Barbarossa (da cui
sembra abbiano preso il nome) estesero la loro presenza in tutta la Valle Camonica legandosi anche con altre
potenti famiglie locali: a Malonno vennero stretti rapporti diretti, anche di parentela, con i Celèri. Coi Celèri e con
i Girardi (che si stabilirono a Malonno tra il XIII e XIV secolo), alcuni malonnesi parteciparono nel 1288 alla
vasta rivolta che era scoppiata contro la guelfa Brescia e il suo vescovo. A fare le spese della insurrezione e degli
scontri armati che si susseguirono per molto tempo, furono specialmente due centri di rilevante importanza politica
e strategica posti sulle rive nord e sud del Lago d'Iseo: Pisogne ed Iseo. In questi due popolosi borghi una
spedizione ghibellina, partita dalla Valle Camonica, fece strage di guelfi, portando violenze, distruzione e lutti. La
reazione della Curia di Brescia non si fece attendere, il Vescovo scomunicò alcuni ghibellini (che continuarono
tranquillamente a vivere in Valle), spedì in zona numerosi armati e la guerra, con scontri anche molto cruenti e con
vicende alterne (sia militari che politiche che religiose), durò per altri sei lunghi anni. A quell'epoca di continui
scontri armati tra bande e tra famiglie (molte volte consanguinee), vengono fatte risalire la costruzione di alcuni
grandi e possenti edifici e l'innalzamento delle varie torri che, oltre ad essere un essenziale sistema difensivo e
protettivo, erano la diretta e visibile testimonianza delle ricchezze e della potenza delle principali famiglie
malonnesi. Questi torrioni, al contrario di quanto è avvenuto in altri paesi della Valle Camonica in cui questi
edifici sono andati molte volte distrutti, spiccano ancora (alcune in buone condizioni) nella parte più antica
dell'abitato di Malonno. Anche le famiglie malonnesi più potenti e influenti, come era uso nel medio evo, nei XIV e
XV secoli, si schierarono più e più volte dalla parte dei vincitori di turno cambiando disinvoltamente padrone e
protettore riverendo, dopo la curia Bresciana, prima i Visconti, Duchi di Milano per poi passare al servizio della
Serenissima Repubblica Veneta, poi, seguendo le vicende delle varie guerre Veneto-Milanesi si avvicinarono
ancora ai Visconti e agli Sforza, ritornarono sotto la Repubblica Veneta per un breve periodo poi ripassarono
nuovamente ancora dalla parte dei milanesi e infine, dopo la pace di Lodi si affrancarono definitivamente alla
Repubblica di San Marco, alle sue truppe, ai suoi tribunali e ai suoi delegati. Sotto il lungo e relativamente
tranquillo periodo di dominazione veneta, per la prima volta, si redassero precise e meticolose relazioni che
descrivevano la vita locale, le risorse naturali e le attività che venivano svolte. Nel suo famoso "Catastico" del
1610 il rettore veneto Giovanni da Lezze citava, per le terre di Malonno, le produzioni di castagne, biade e fieni
ma lamentava la mancanza di vini e ricordava però soprattutto l'estrazione di minerali di ferro, dalle montagne
circostanti, e l'esistenza di un grande forno fusorio nel paese di Malonno che era divenuto il borgo più popoloso e
importante del comune (di questo forno rimangono anche oggi giorno delle mura e delle dirette testimonianze orali
e scritte). Attività indotte alla fusione e lavorazione dei metalli erano la raccolta del legname e la notevole
produzione di carbone che occupavano molti lavoranti locali. Il trasferimento della parrocchiale e del fonte
battesimale da Lava a Malonno (divenuto, come già scritto, l'abitato e la frazione più popolosa della zona) fu
stabilito nel 1565 dal vescovo di Brescia Bollani e confermato nel 1580 dal cardinale di Milano Carlo Borromeo
nel corso della sua famosa visita apostolica. Questa azione provocò tra le due fazioni una furibonda lite che si
protrasse a lungo. Gli abitanti di Lava si rifiutarono di far battezzare i loro figli a Malonno ed, vista la loro
ostinazione, ottennero, nel 1717, la presenza di un cappellano officiante nella loro frazione e nella loro chiesa. Gli
straripamenti e le alluvioni provocate dall'Oglio in piena furono sempre delle calamità funeste per il territorio
malonnese e le più nefaste di queste disgrazie sono ricordate nel 1471 e nel 1614. Le limacciose acque del
principale fiume della Valle Camonica e di alcuni torrenti locali, enormemente ingrossati da giorni e giorni di
pioggia continua, seppellirono, sotto grandi masse di detriti e di fango parte dell'abitato di Malonno che si era
espanso anche nella parte più vicina all'alveo del fiume. Furono i Celèri, nella prima metà del 1600, a finanziare i
lavori di arginatura e deviazione del tumultuoso torrente Franchì che nelle sue ricorrenti inondazioni aveva più
volte provocato distruzioni, lutti e danni. Nel 1630 gli abitanti di Malonno erano stimati in circa 1500, ma, in
quell'infausto anno e l'anno successivo, la peste (quella ricordata dal Manzoni), portata in valle dal passaggio
delle truppe dei Lanzi(chenecchi) che erano calati dalla Val Tellina e dal passo dell'Aprica, li ridusse di quasi la
metà. Verso la metà del XVII secolo Malonno ebbe un periodo economico particolarmente florido e le principali
famiglie locali vollero dimostrare la loro potenza e esternare le proprie ricchezze divenendo protagoniste della
costruzione di nuove ampie abitazioni che, come era uso in quei tempi, erano corredate sempre da fienili, stalle e
carbonili. Dal 1650 iniziò anche la realizzazione di un ponte in pietra sull'Oglio che andò a sostituire quello
precedente in legno che era stato danneggiato da una piena. Come per altre antiche e gloriose famiglie camune,
nel XVIII secolo si estinse e scomparve la ricca e storica casata del Celèri. In molte proprietà e benefici di questa
famiglia, che aveva fatto gran parte della storia di Malonno, succedettero i Martinengo, che avevano già vasti
possessi in alta Valle Camonica ed appartenevano al gruppo ristretto delle più importanti famiglie di Brescia. A
Malonno divenne molto nota la controversa e bieca figura di Marc'Antonio Martinengo, famoso sia in zona che in
città per le sue bravate, le sue sfide e per i suoi duelli che per lungo tempo entrarono nella cronaca e vennero
anche tramandati nelle "bòte" (storie o leggende popolari). Ai Matinengo succedettero, in molte e vaste proprietà
malonnesi, i Corazzina. Nel 1797 tutta la Valle Camonica fu investita dal turbine delle truppe di invasione francesi
e i nuovi dominatori che si dimostrarono subito non certo i liberatori dalla tirannide o gli alfieri e apportatori delle
idee della Rivoluzione Francese di un decennio prima ma solo conquistatori e predatori. Fu un breve ma pesante e
triste periodo storico: l'invasore impose le sue nuove regole amministrative (alcune positive altre assurde per le
nostre valli alpine) e oberò di nuove tasse e balzelli le locali industrie estrattive e di lavorazione del metallo. Venne
estesa la leva obbligatoria e molte furono le depredazioni, le violenze e i saccheggi che gravarono su una stremata
popolazione resa poverissima e al limite della sopravvivenza. Le pesanti imposizioni e obblighi di sostentamento
per le numerose truppe acquartierate in zona, le insopportabili nuove imposte sui materiali ferrosi, portarono nel
breve volgere di pochi anni, ad una netta recessione generale e la fiorente industria del ferro, del carbone e dei
semilavorati non si riprese più. Dopo la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna le terre della Serenissima
Repubblica Veneta vennero assorbite dall'Impero Austro-Ungarico nel Lombardo Veneto ma anche sotto la
dominazione austriaca la miseria restò molto diffusa tanto che gran parte dei bambini disertava la scuola, appena
insediata, per lavorare nelle attività dell'agricoltura e dell'allevamento, uniche risorse rimaste ai residenti. Con
l'unità d'Italia, ci fu la difficile e complicata creazione del "Comune di Malonno", che amministrativamente dovette
comunque tenere conto della presenza e delle esigenze, nonché del campanilismo, delle numerose frazioni sparse
su una vasta e disagiata zona montana. Nel 1888 vi fu in primo organico censimento voluto per dare una
fisionomia al neonato Regno d'Italia e da questa relazione risultava che a Malonno erano ben 24 le "Contrade"
(cioè le frazioni) e circa 2500 abitanti. L'attività principale restava sempre, alla fine del XIX secolo e all'inizio del
XX, una povera e faticosa agricoltura di montagna, ristretta nei piccoli appezzamenti coltivati a conduzione
familiare e l'altrettanto faticoso allevamento del bestiame (sia grosso che minuto) che comunque non permettevano,
alla quasi totalità della popolazione residente, una vita tranquilla e dignitosa ma solo una sopravvivenza minata
da una diffusa e costante miseria e molta fame. Molti, in quegli anni, furono perciò coloro che, abbandonando i
borghi delle nostre valli e trasformatisi in emigranti, lasciarono l'ingrata terra natia per cercare lavoro lontano e
all'estero, specialmente Francia, Belgio e Svizzera. Alcuni malonnesi (come moti altri camuni e italiani) emigrarono
anche nelle lontanissime America e Australia. Nella prima guerra mondiale (1914-1918) la linea del fronte (al
Tonale) non era molto lontana dalle terre malonnesi e il grande conflitto, oltre che cambiare il volto della zona
divenne anche un'occasione primaria (e fu una delle grandi rivoluzioni in tutta Europa in quell'inizio del 1900) per
le donne di uscendo (in parte) dal ristretto ambito della famiglia e della casa, poiché gli uomini validi erano in
trincea. Molte giovani dell'alta Valle iniziarono così a lavorare anche per il genio militare preparando trincee,
casematte e rifugi. Molte furono anche le strade che in quegli anni vennero ampliate, ammodernate e tracciate e
molte delle frazioni del comune vennero collegate più direttamente: molti sentieri e mulattiere, che potevano avere
interesse militare, vennero trasformate in carreggiabili e diedero lavoro e salari a molti uomini e molte donne che
fino ad allora avevano svolto solo il lavoro dei campi e delle stalle. Nel periodo fascista iniziò l'attività produttiva
lo stabilimento posto in località Forno Allione, al confine con i comuni di Brezo Demo e Cedegolo, che diventerà,
per svariati decenni, un punto di riferimento importante e di occupazione per molte famiglie locali fino alla mesta e
inevitabile chiusura totale negli anni novanta. Sulla stessa area, dopo un lungo periodo di inattività, è stato creato
un piccolo polo artigianale che ha destato l'attenzione di alcuni piccoli impresari locali. Negli anni sessanta, come
ovunque, prese consistenza un diffuso boom edilizio che, anche a Malonno, cambiò radicalmente il volto di tutta la
zona. I piccoli nuclei abitati posti alle quote più elevate e lontani dalla principali vie di comunicazione e
collegamento come le varie sparse frazioni montane, in parte si svuotarono mentre il capoluogo raggiunse le
attuali vaste dimensioni in parte anche dovute alla nascita di varie attività commerciali e a piccole industrie locali. |