Tutto il territorio che dal passo Aprica giungeva a comprendere anche la Valle di Corteno che poi scende fino ad
Edolo era anticamente legato (per condizioni ambientali, geografiche e storiche) più alla Val Tellina che non alla
Valle Camonica, di cui ora amministrativamente ne fa parte. Le due valli (Camonica e Tellina intercomunicanti
anche tramite la valle di Corteno) erano comunque abitate fin da tempi antichissimi e questo è dimostrato dal fatto
che nelle due vallate, dell'Oglio e dell'Adda, si sviluppò, forse in tempi quasi simultanei, l'arte rupestre di incidere
le levigate rocce lasciate libere e lisciate dal ritirarsi dei ghiacciai dopo l'era glaciale. Da questa simultaneità e
vicinanza si potrebbe evincere e dunque non si può escludere che i Camuni e i Valtellinesi (Vennoneti)
appartenessero allo stesso ceppo etnico d'origine Ligure-Celtica o addirittura fossero un popolo unico che poi si
fosse installato nelle due valli comunicanti. Non è solo una vecchia leggenda (ma è storia documentata) a narrare
che anticamente i morti di Carona, piccolo insediamento abitativo in Valtellina, erano sepolti nel cimitero di
Corteno, poiché essendo impossibile il trasporto dei corpi durante l'inverno a causa dell'impraticabilità dei sentieri
alpini, le salme venivano condotte a Corteno con un unico funerale in primavera, quando la neve si era sciolta. Da
questa antichissima tradizione si può anche presumere che Corteno fosse centro di un vasto pago, forse
confederato con quelli di Edolo e di Teglio. Da Corteno passava, in epoca romana, dal 1° secolo d.C., una strada
che collegava il fondovalle camuno e partendo da Sonico saliva al passo dell'Aprica e da qui si scendeva poi in
Valtellina. Nel 575 il condottiero alemanno Cremnichi alla testa del suo numeroso popolo transitò dalla valle di
Corteno e scese a Edolo da dove proseguì verso il passo del Tonale per raggiungere la Val di Non in Trentino. Nel
587 fu ancora tramite il passo dell'Aprica e la valle di Corteno che i Longobardi fecero il loro ingresso nelle
nostre terre e dilagarono poi in tutta Italia conquistando gran parte della penisola e instaurando un vasto regno
destinato a durare alcuni secoli. La regina Teodolinda (nota per il suo fervore religioso ma anche per il suo
proverbiale senso pratico negli affari) avrebbe fatto edificare intorno al 590, proprio a Corteno, un monastero
dedicato a San Giovanni Battista e da quest'importante istituzione religiosa amministrava, tramite i suoi delegati, i
suoi vastissimi possedimenti in Valtellina. Carlo Magno il 16 luglio 774, dopo la vittoria sui Longobardi nei pressi
del passo del Mortirolo e le successive campagne in nord Italia, donò tutta la Valle Camonica ai monaci del
convento francese di Tours, e nella delibera reale che confermava questa donazione fu inclusa, come zona non
appartenente alla Valle Camonica ma geograficamente a lei collegata, la valle di Corteno. Per quasi tre secoli i
monaci, che fondarono anche le chiese di Galleno, Cortenedolo e Vico, ebbero vastissimi diritti feudali in zona e
portarono alcuni tipi di coltivazioni e di allevamento che furono poi adottati anche in altri siti della valle. Nel
1026, l'abate Raynardo, cedette parte dell'alta Valle Camonica (compresa la Valle di Corteno) al vescovo di
Bergamo in cambio di altre terre e possedimenti a Bobbio e in altre svariate località. La Val Tellina, il passo
dell'Aprica e le terre di Corteno furono sempre una delle principali porte d'accesso alla pianura padana e gli
abitanti della zona, costretti a subire le continue angherie, violenze per i passaggi di vari eserciti (meglio sarebbe
comunque scrivere: intere popolazioni nomadi al seguito degli eserciti, che dal centro e nord Europa volevano
passare in Italia) eressero numerose piccole fortificazioni: dei castellieri in cui rifugiarsi in caso di pericolo. Ma
gli Ungari, durante la loro invasione e conquista di alcune delle valli alpine, dopo aver espugnato queste primitive
fortificazioni, con molto senso tattico, le trasformarono, migliorandole, in loro insediamenti militari-civili di
notevole importanza. La presenza nella zona che corre dal passo dell'Aprica fino alle pendici del Mortirolo e
all'alta Valle Camonica, di questo popolo proveniente dai Balcani è testimoniata dalla permanenza, nella
toponomastica locale, di alcuni nomi, come le contrade "Angheria" alta e bassa in località Piazza, il Cortile del
Boiardo e anche nel famoso piatto locale a base di carne d'agnello, chiamato "cutz" di chiara derivazione di uno
dei più diffusi piatti tipici degli allevatori nomadi ungheresi: "huz". All'inizio del XII secolo la valle di Corteno
venne inglobata tra i vasti possedimenti della Curia di Brescia e da allora, pur passando sotto altre numerose
dominazioni, fino ai nostri giorni ha fatto parte sempre da quella (lontana) diocesi. Il Vescovo o chi da esso
incaricato o infeudato riscosse le decime fino al 1445 quando tutta la Valle Camonica passò sotto la diretta
giurisdizione della Serenissima Repubblica Veneta. Risalgono a quest'epoca delle fortificazioni, alcune delle quali
dovettero assumere anche una certa rilevanza fino ad essere annoverate tra i castellieri della zona. Oltre alla
costruzione di una chiesa dedicata a San Martino, in posizione dominante fu anche eretta una costruzione
fortificata tra le località Piazza e Pisogneto. Questa rocca doveva essere di notevole imponenza e con capacità
difensive rilevanti se un esercito di guelfi, sostenitori del vescovo di Brescia, non riuscì a distruggerla e neppure a
conquistarla durante la calata di Carlo D'Angiò nel 1270. La lotta fu comunque cruentissima e mirava a colpire
direttamente i ghibellini Federici, che con la collaborazione d'altre potenti famiglie camune legate all'impero,
dominavano gran parte della Valle Camonica con un complesso sistema difensivo composto da rocche o case
fortificate e castellieri. Alcuni di questi luoghi fortificati, presidiati da numerosa gente armata erano anche situati
a Cortenedolo, Corteno e nei pressi del passo dell'Aprica. Nel 1288-89 gli abitanti locali e gli occupanti la rocca
di Corteno si ribellarono alla curia di Brescia ma il deciso intervento di Matteo Visconti servì a ricondurre
all'obbedienza i rivoltosi locali. Sempre nel 1288 il consiglio generale di Brescia bandì il feudatario di Corteno,
Cortella, fiduciario dei Federici, che, per salvarsi la vita, fuggì in Trentino passando da Edolo e dal passo del
Tonale. Era il primo aprile del 1299 quando il vescovo di Brescia, il potente Berardo Maggi, fece giurare
solennemente fedeltà ai notabili locali, sottoponendo Corteno al diretto controllo del suo vicario Cazoino da
Capriolo. Questi a sua volta investì su alcuni fondi, benefici e proprietà nei pressi di Corteno e dell'Aprica un
certo Bonaventura Armando Bianchi e i fratelli Damiano e Giovanni Corvi originari proprio dell'Aprica. L'anno
dopo (il 1300) lo stesso vicario vescovile Cazoino, su delega curiale, investì di altri beni, sempre nella contrada di
Corteno, l'aprichese Farino Corvi, notaio in Edolo. Seguirono poi, negli anni successivi dal 1302 al 1308 altre
investiture vescovili che tendevano alla raccolta diretta delle decime nonché della riscossione, anche in natura di
alcune tasse e balzelli. Le beghe all'interno della potente famiglia dei Federici colpirono anche il ramo di Edolo e,
a causa di un profondo disaccordo in seno alla stessa famiglia durante le varie fasi delle guerre combattute tra il
ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di San Marco, nel 1425 Gerardo Federici si ritirò nella rocca di
Corteno e suo figlio Maffeo vi stabilì la propria residenza fino al 1436. Molti furono gli appartenenti a questo
avventuroso e prolifico ceppo (che sembra abbia ricevuto il proprio nome dallo stesso imperatore Federico
Barbarossa) che lottarono fra loro in Valle Camonica: si rubarono (tra loro) terre e proprietà, denunciarono
parenti e amici e in molti casi, con questi non ortodossi sistemi... crearono imponenti fortune. Corteno, nel 1428,
come molti altri paesi della Valle Camonica, dopo la conquista Veneziana e la difesa dalle rivendicazioni dei
Milanesi, ebbe riconosciuti particolari privilegi poichè, durante le varie fasi delle guerre tra le Signorie di Milano
(Visconti e Sforza) e la Repubblica Veneta, aveva sempre parteggiato per quest'ultima. Ma tra furiose e numerose
contese, che videro tante scaramucce, battaglie, assedi e distruzioni, il 15 ottobre 1438, Corteno e il suo castello
furono occupati da Pietro Visconti, che da qui confermò, con un diploma formato da 29 capitolati, la separazione
dell'alta Valle Camonica sia da Brescia che da Bergamo, fu un brevissimo periodo in cui questa piccola parte della
valle venne dichiarata zona franca. Per tre anni, dal 1509 al 1512, la valle di Corteno strappata ai veneti, fu
occupata dalle truppe francesi e tutta la zona fu posta sotto la giurisdizione e alle dipendenze del castellano
francese che aveva posto la sua sede a Tirano. Ritornata definitivamente sotto la Serenissima, tutta la valle ebbe
anni di relativa tranquillità e pace, anche se questa, in questa zona di montagne impervie, fu interrotta a più
riprese dai saccheggi dovuti alla presenza di bande di balordi, banditi e malviventi che approfittavano della
vicinanza del confine e dalle asperità del luogo per commettere le loro spedizioni e sfuggire alle cacce organizzate
dalle scarse forze dell'ordine. Il transito delle truppe dei Lanzi (detti Lanzichenecchi), che proseguirono poi verso
le città della pianura, devastando i vari borghi che incontravano sul loro passaggio, portò pesanti rovine, molti
lutti e infauste epidemie. Oltre a subire le angherie dei "forestieri" e dalle bande di "briganti", nei brevi periodi di
relativa pace, questa era spesso interrotta da violente liti tra le borgate della zona che portavano anche a scontri
cruenti: il più grave dei quali fu quello tra i due abitati più popolosi: Santicolo e Corteno. Nella sua lunga visita
pastorale in Valle Camonica, per passare poi in Valtellina, nell'agosto 1580 il cardinale di Milano Carlo Borromeo
sostò anche a Corteno. L'importanza di Corteno, per la sua posizione strategica a cavallo della più importante
arteria viaria per e dalla Valtellina, fu più volte ricordato in relazioni dell'epoca, come nel famoso "Catastico" del
rettore veneto Giovanni da Lezze, che annotò come quelli che abitavano in paese fossero "prevalentemente
agricoltori, eccetto qualcuno che si recava altrove a fare il muratore". Anche a Corteno, come in molti altri centri
della Valle Camonica, furono rinvenuti, fin da tempi antichissimi, dei giacimenti di minerali ferrosi e in loco furono
impiantate tre fucine per la lavorazione di questo metallo. Queste miniere erano localizzate sui monti sopra
Corteno e in special modo sul "Palone del Torsolazzo". I boschi, vasti e ben tenuti fornivano grandi quantità di
legname che veniva squadrellato e lavorato in alcune segherie ("razziche" in dialetto "ràseghe"). Corteno e le sue
contrade anche sotto Venezia restarono terra di confine e proprio per questo motivo che nella zona furono, a
lungo, stanziate in modo massiccio delle truppe della Serenissima che presero parte anche al famoso "Sacro
Macello", che fu la parte culminante delle stragi e degli eccidi che vennero commessi in nome della fede cristiana
contro i protestanti e gli eretici che tanti lutti lasciarono in Valtellina. Nel freddo dicembre del 1624, durante il
famoso assedio alla rocca e alla cittadina di Tirano, attraverso la stretta gola del Guspessa, ricoperta da neve
alta, furono fatti transitare cannoni, munizioni e salmerie che giunsero in aiuto degli assediati comandati dal
generale Courè. Pochi anni dopo, durante l'immane strage provocata dalla pestilenza che le truppe mercenarie
avevano portato in Italia (la famosa peste di manzoniana memoria del 1630), che decimò tutta la popolazione, la
chiesa di San Martino fu trasformata in lazzaretto e moltissimi cortenesi persero la vita per l'epidemia. Come molti
lettori dei Promessi Sposi sanno bene, la peste, dopo un apice di virulenza che comportò la più grande calamità
naturale della storia dell'intera Italia, scomparve quasi all'improvviso e la cosa apparve tanto miracolosa alla
gente di Corteno che l'esaurirsi della malattia fu attribuito alla Vergine Maria che, fu tramandato, era apparsa, il
26 maggio 1630, ad una ragazza muta, in casa Lazzaroni a Gandòs di Galleno. Nel 1600 e nel secolo successivo
furono ristrutturate e anche totalmente ricostruite le varie chiese delle numerose frazioni o borghi che
componevano il comune. Cem capita spesso nella storia gli svantaggi di essere una zona di confine (passaggio
truppe, invasioni, saccheggi, brigantaggio ecc.) molte volte furono compensati da grandi vantaggi (specie
economici) e dal 1500 fino al 1796, come sito confinario tra Stati sovrani, Corteno, divenuto grosso centro di
passaggio tra la Valle Camonica e la Svizzera, fu centro di numerose fiere e mercati. Quando, nel 1797, dopo la
conquista da parte delle truppe francesi del generale Napoleone Buonaparte (e non ancora Bonaparte) e la
scomparsa della millenaria Repubblica Veneta, la Val Tellina fu scorporata dalla Svizzera e divenne valle italiana,
il confine si allontanò dalla valle di Corteno e dal passo dell'Aprica e questi centri d'aggregazione commerciale e
sociale si spostarono a Tirano che divenne il mercato più importante dell'intera valle dell'Adda. Anni molto tristi e
pesanti furono quelli del periodo Giacobino e Napoleonico: già nel 1799 e poi nel 1800, il paese di Corteno fu
occupato dalle truppe dei cosacchi e poi dagli austro-ungarici, successivamente questi eserciti furono scacciati
dall'esercito francese comandato dal generale Vendrome e dal generale Mac Donald. La popolazione civile, a
causa di questi continui scontri e del costante passaggio di truppe che volevano essere vettovagliate e ospitate,
subì gravi angherie, soprusi con continui sequestri di beni, di cibarie e di scorte alimentari e molti furono i danni
materiali e morali imposti indiscriminatamente da tutti i contendenti alla inerme e indifesa gente della valle. Furono
specialmente i francesi che sprezzantemente imposero ai locali la dura legge dei conquistatori con requisizioni di
massa e saccheggi: queste angherie continue contribuirono ad accendere e alimentare il fuoco della rivolta nella
popolazione e nell'aprile e nel maggio del 1809, questa partecipò con slancio ad un'insurrezione contro le truppe
d'occupazione. Violenta fu la risposta del governo Napoleonico che destituì il sindaco e processò, nel maggio del
1813, un certo Bortolo Moreschini di Fucine di San Antonio, che aveva ridicolizzato le imprese dell'imperatore.
Passato il turbine di Napoleone la valle passò sotto l'Impero Austro-Ungarico. Era il marzo del 1821 (erano già
scoppiati alcuni moti insurrezionali un poco ovunque in alta Italia) quando il parroco del paese, don Stefano
Mottinelli, riuscì a convincere il locale comando delle truppe austriache a passare nella vicina Valtellina
diffondendo la notizia che stavano sopraggiungendo, a marce forzate, delle forti colonne armate di soldati
Piemontesi. La notizia era falsa ma fece scalpore e fu riportata dalla stampa austriaca e anche piemontese. Alcuni
anni dopo, alla vigilia e durante la prima guerra d'Indipendenza, alcuni giovani cortenesi parteciparono con
sincero entusiasmo alle insurrezioni del 1848 e del 1849. Dopo la sconfitta subita dalle truppe di Carlo Alberto e il
ritorno della polizia austriaca al seguito delle truppe del maresciallo Radetzki, molti patrioti camuni e bresciani,
trovarono rifugio in Svizzera passando per i passi e i monti di Corteno. Tra i più noti patrioti italiani transfughi
dalle terre cortenesi, che le cronache austriache del tempo citavano come "ribelli e rivoluzionari", vi furono anche
Camillo Ugoni e Giovita Scalvini. Bernardo Volpi, altro noto e fervente patriota italiano, fu invece ucciso nel 1848
e il generale Griffini, riuscì a passare, inseguito dagli austriaci dal valico dell'Aprica e rifugiarsi in Svizzera e poi
in Piemonte. Il fenomeno del brigantaggio di confine, mai scomparso completamente, per alcuni anni fu ancora
presente con diverse bande ed elementi singoli e rimase una piaga fino all'unificazione dell'Italia (solo nel periodo
di dominazione napoleonico fu praticamente debellato per le energiche e brutali azioni poliziesche messe in atto
dalle truppe d'occupazione francesi). Alcuni volontari della valle di Corteno furono presenti alle famose "X
Giornate di Brescia" e furono molti i giovani che si arruolarono nelle truppe volontarie del generale Garibaldi
(una iscrizione murata nella facciata del municipio nel 1848, dice almeno 300, numero enorme riferito alla
popolazione di allora). All'inizio secolo Corteno divenne famoso per aver dato i natali a Camillo Golgi che fu
insignito del prestigioso premio Nobel per la medicina nel 1906. Il paese, come tutti i paesi dell'alta Valle
Camonica, fu quasi in prima linea durante la prima guerra mondiale e le epiche vicende adamelline vollero il loro
pesante tributo di sangue tra i giovani locali. Tra questi si distinse Enrico Brichetti che fu volontario nelle Argonne
nel 1914, ancora prima che l'Italia entrasse in guerra contro l'Austria e la Germania. La terra di Corteno, durante
quei duri anni, subì però anche gravi lutti che nulla avevano a che fare con la guerra combattuta a pochi
chilometri di distanza, una valanga, precipitata nel febbraio del 1916 in località Mondadir, seppellì e uccise dieci
persone. Corteno, alla fine della seconda guerra mondiale e nel lungo e travagliato periodo della Resistenza,
ottenne il titolo di paese più "partigiano" della provincia di Brescia. I partigiani di questa terra furono più volte
citati in bollettini ufficiali e due furono decorati con il prestigioso riconoscimento della medaglia d'oro: Antonio
Schivardi e Giovanni Venturini. |